Veterinario comportamentalista
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Il veterinario comportamentalista è lo specialista della relazione e dell'influenza che l'uomo ha sull'animale (e viceversa) e delle conseguenze di questa influenza sul comportamento animale.
In altre parole, possiamo paragonare il comportamentalista a uno psicologo che verrebbe ad analizzare la relazione tra l'animale ei suoi padroni. Il suo obiettivo è quello di sistemare una situazione che si è deteriorata e di ristabilire un rapporto armonioso nel rispetto della natura di ciascuno.
Il veterinario comportamentalista interviene principalmente per gli animali da compagnia, cani e gatti la fanno da padrone.
Come diventare veterinario comportamentalista?
La figura del veterinario esperto in comportamento animale è molto recente (fine anni 90/inizio 2000) e ancora poco conosciuta, così come altre figure del mondo veterinario.
Per diventare veterinario comportamentalista bisogna essere laureati in veterinaria e abilitati all'esercizio della professione. Solo dopo avere esercitato da almeno tre anni ci si può iscrivere ad un Master di specializzazione o a dei percorsi professionali, ossia dei corsi specifici che un'apposita commissione della FNOVI (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) valuterà.
Stipendio medio
Lo stipendio medio di un veterinario comportamentalista dipende dalle zone in cui si vive.
«Una visita comportamentale è una visita clinica differente da quella del veterinario, serve più tempo, dura circa 2-3 ore, perché vanno indagati una serie di aspetti inerenti al cane, alla famiglia, alla loro relazione… bisogna comprendere un po’ di cose. In tutta Italia si va dagli 80 ai 200/240 euro», ci ha spiegato la Dottoressa Elena Borrione, esperta in comportamento animale.
Testimonianza del professionista
Abbiamo intervistato la Dottoressa Elena Borrione, esperta in comportamento animale, che ci ha svelato qualcosina di più sulla sua professione.
Quali sono gli animali interessati?
«Cani e gatto la fanno da padrone, ma ci sono tante richieste anche per i conigli e animali non convenzionali, come i pappagalli (anche se non tanti, perché chi decide di adottare un pappagallo ha già esperienza e si informa bene) e i furetti, anche se ora se ne vedono di meno, è passata un po’ la moda a parer mio e son rimasti nelle case dei veri appassionati che conoscono già le esigenze del furetto».
Cosa apporta il veterinario comportamentalista?
«Il veterinario comportamentalista si occupa della sfera emotiva, della mente degli animali, delle dinamiche relazionali tra il pet e il sistema famiglia nel complesso. Le motivazioni che portano la famiglia a chiedere l’intervento dell’esperto sono il percepire dei comportamenti, in teoria normali per l’animale, ma fastidiosi o poco compatibili per il nucleo familiare. Una volta mi è persino capitata una signora che voleva sapere come insegnare al gatto a non salire sul tavolo! Poi ci sono comunque altri comportamenti disfunzionali e sono conseguenti alla convivenza con la famiglia umana o all’ambiente in cui vivono, come l’ambiente urbano, che non permette all’animale di esprimere i suoi bisogni, ad esempio se la famiglia resta troppo tempo fuori casa, se non gli dedica troppo tempo, se l’animale non ha la passeggiata in contesti più aperti e adatti… Ci sono poi problematiche comportamentali che hanno una diagnosi e sono conseguenti ad alterazioni dello sviluppo neuroevolutivo, che comportano ripercussioni a livello dell’area emotiva, cognitiva, comunicativa e relazionale dell’animale».
Quali sono le competenze necessarie per diventare veterinario comportamentalista?
«Le competenze necessarie per diventare veterinario comportamentalista sono la propensione a occuparsi di quello che è l’animale in sé e all’andare al di là dell’ambito fisico/clinico. Bisogna essere pronti a comprendere l’interazione e la comunicazione che esprime l’animale e avere una forte propensione a entrare in relazione con i propri pari: il dialogo con il proprietario è importante; dobbiamo entrare nel sistema famiglia e nella loro sfera intima».
Qual è la giornata tipo di un veterinario comportamentalista?
«Per mia scelta le mie giornate si compongono di visite a domicilio per poter vedere l’ambiente dell’animale, ma porta via molto tempo per gli spostamenti. Ottengo più informazioni se respiro l’aria e gli stimoli che il pet vive quotidianamente, ma non faccio più di una visita al giorno: oltre a un'organizzazione logistica e di tempo c’è un impegno di risorse personali perché bisogna entrare in un sistema familiare complesso per ricevere una serie di informazioni, delle volte anche delicate».
Quali sono le condizioni di lavoro di un veterinario comportamentalista?
«La parte più difficile del mio lavoro è che non si possono mai prevedere le specifiche realtà in cui si va a lavorare. Non sempre si è accolti in maniera positiva da tutti i membri della famiglia, delle volte ci sono schieramenti e ci si ritrova inseriti all'interno di un conflitto familiare; è una situazione pesante da gestire, perché si deve far capire che non si è lì per giudicare, ma per capire cosa accade e dare una chiave di lettura per trovare un nuovo equilibrio per tutti. A volte sono accolta con molta dolcezza, ma ci sono volte in cui c’è un ostacolo che bisogna superare e non sempre ci si riesce».