Assistente veterinario
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L’assistente veterinario lavora in uno studio, una clinica o un ospedale veterinario. Il suo ruolo è quello di prendere appuntamenti, gestire la clientela e preparare gli ordini di cui lo studio avrà bisogno. Inoltre, assiste il veterinario durante le cure o gli interventi chirurgici e gestisce le medicazioni e il monitoraggio post-operatorio dell’animale.
L’assistente veterinario, infine, si occupa dell'igiene dei locali dell'ambulatorio veterinario, della manutenzione e disinfezione delle attrezzature e degli strumenti.
Come diventare assistente veterinario?
In Italia non esiste una scuola pubblica o ufficiale per diventare assistente veterinario, ma esistono diversi istituti privati (e scuole online) che formano alla professione. La durata della formazione è di circa un anno, un anno e mezzo con 11 materie di studio. Ci sono poi scuole più complete di altre e che danno anche un titolo più riconosciuto, ma si tratta sempre di enti privati.
Competenze:
Per diventare assistente veterinario bisogna ovviamente amare gli animali. Con la formazione poi si acquisiscono le competenze necessarie studiando materie come la zoologia, l’anatomia, le patologie e i vari parassiti, i comportamenti e l’alimentazione dell’animale, sino ad arrivare a materie specifiche come quelle riguardanti gli esami di laboratorio e come comportarsi con l’animale.
Stipendio medio:
Uno stipendio medio per un assistente veterinario in clinica va dagli 800 ai 1000 euro e si lavora su turni della durata circa di 6/8 ore.
Testimonianza del professionista
Abbiamo intervistato Francesco Reina, assistente veterinario e redattore esperto di Wamiz, che ci ha raccontato tutto sul suo lavoro.
Di quali animali ti prendi cura nel tuo lavoro?
«La mia formazione mi permette di prendermi cura di cani e gatti. Altre scuole formano anche per gli animali da reddito come ovini, bovini, equidi. Ma il grosso della formazione viene fatta sul campo coi veterinari».
Tratti tutte le razze senza particolari distinzioni?
«I cani sono più diversificati dei gatti perché hanno predisposizioni genetiche, ci sono anche studi a riguardo. Alcune razze sviluppano più patologie di altre, quindi quando sai che ti arrivano cani di un determinato tipo sai che devi stare più attento a certe cose. Poi ci sono ovviamente disturbi più comuni per tutti».
Cosa ti ha spinto a diventare assistente veterinario?
«Il mio lavoro precedente mi provocava stress; volevo un’attività parallela per poter sviluppare la mia indole ad occuparmi degli animali».
Come contribuisci al benessere degli animali?
«Aiuto il veterinario nella preparazione dell'animale, nel contenimento… sono come un infermiere per gli umani. Inoltre fornisco assistenza chirurgica quando c’è un'operazione, preparo i ferri e il tavolo operatorio, mi occupo dei farmaci e di prendere la temperatura dell’animale, oltre ovviamente all’attività di reception e relazione coi clienti».
Puoi descrivere una giornata tipo?
«Al mattino si verificano al pc le prenotazioni del giorno, confrontando il paziente con la scheda clinica, poi si fa un rapido controllo sulla dotazione dell’ambulatorio per vedere se c’è tutto il materiale. In mattinata si verifica anche se ci sono esami di laboratorio il cui esito arriva tramite mail e ci si appunta di contattare il proprietario per discuterne. Il veterinario in genere organizza le operazioni al mattino e le visite al pomeriggio. Quando arrivano i clienti si acquisiscono informazioni in merito ai sintomi descritti al telefono e si pongono le giuste domande per arrivare dal veterinario con dati che possono essergli utili per una diagnosi veloce».
Quali sono le tue condizioni di lavoro (fisicamente, mentalmente, umanamente, legalmente, ecc.)?
«Le condizioni legali sono buone: esistono assicurazioni che coprono i rischi del mestiere, ma non ci sono dei veri rischi elevati perché un assistente veterinario fa operazioni corollarie. Le condizioni dipendono molto poi dalla clinica in cui si lavora, possono esserci cliniche con tanto afflusso e poco personale. In una clinica media si lavora serenamente occupandosi di un paziente alla volta».
Pensi che questa professione si svilupperà nel tempo?
«Sono sicuro di sì, anzi credo che arriveranno a creare un percorso universitario, la professione cresce molto, anche se in Italia cresce lentamente ed è un po’ vista con diffidenza. Un giorno ci sarà un percorso unitario e uniforme, da Trento ad Enna tutti saranno formati allo stesso modo».