Da alcuni giorni a Bologna tiene banco un acceso dibattito su Copycat, opera del duo Eva & Franco Mattes esposta al MAMbo (Museo d’Arte Moderna di Bologna) nella collettiva “Facile Ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo”.
L’installazione mostra un gatto tassidermizzato adagiato sul piano di una fotocopiatrice: i visitatori possono premere il tasto e ottenere una stampa A3 dell’animale, con la firma specchiata degli artisti che sulla carta risulta “dritta”.
L’opera, realizzata nel 2024 e in mostra fino a domenica 7 settembre 2025, ha suscitato reazioni contrastanti tra chi ne difende il senso critico e chi la considera una spettacolarizzazione della morte animale.


L’opera e le ragioni del museo
Il MAMbo in una nota diffusa martedì 19 agosto 2025 precisa che nessun animale è stato ucciso per fini artistici: si tratta di un gatto randagio, investito e deceduto nonostante le cure veterinarie.
La tassidermia è stata eseguita da un laboratorio specializzato che opera per musei di storia naturale, con certificazioni e nel rispetto della normativa. Il posizionamento di Copycat nella sezione “Ironia come Institutional Critique” intende, secondo il museo, riflettere sul rapporto tra reale e virtuale e sullo statuto dell’originale nell’epoca della riproducibilità tecnica, non già “estetizzare la violenza”.
La mostra, inaugurata il 4 febbraio 2025 nel programma di ART CITY Bologna, ha raccolto 45.220 visitatori al 17 agosto.
La protesta della LAV e il caso mediatico
Il 18 agosto 2025 la LAV ha chiesto la rimozione immediata dell’animale tassidermizzato e di “numerosi colombi imbalsamati” presenti nell’allestimento, definendo l’opera “una violenza estetizzata” e una “grottesca mancanza di empatia”.
L’associazione ha invitato i cittadini al boicottaggio e a scrivere al museo e al sindaco Matteo Lepore. Nelle dichiarazioni del presidente Gianluca Felicetti è stato posto un paragone volutamente provocatorio (“esporreste mai il corpo di un bambino morto?”) per sostenere l’inaccettabilità dell’uso del cadavere animale a fini espositivi. La responsabile LAV Bologna, Annalisa Amadori, ha parlato di “spoglie” ridotte a spettacolo.
La polemica è rimbalzata sui media nazionali, che hanno riportato gli elementi centrali del caso: il titolo dell’opera (Copycat), l’interazione dei visitatori con la fotocopiatrice e la rivendicazione, da parte del museo, di un intento critico sull’aura dell’opera nell’era della riproduzione tecnica. Anche qui si ribadisce la natura “tassidermizzata” del gatto, non imbalsamato, e l’assenza di uccisioni per scopi artistici.
Un dibattito che interroga arte, etica e pubblico
Come spesso accade con l’arte contemporanea, l’installazione innesca una tensione tra libertà di espressione e sensibilità etiche. Da un lato, il museo rivendica il dovere di “generare dialogo” e di proporre opere capaci di suscitare reazioni anche contraddittorie; dall’altro, il mondo animalista contesta il dispositivo stesso dell’opera, letto come oggettificazione della morte e mancanza di rispetto per un “animale d’affezione”.
Per chi difende Copycat, l’azione di premere il tasto “stampa” mette lo spettatore davanti al proprio ruolo nella catena della riproduzione e del consumo d’immagini; per i critici, invece, quella stessa azione scivola nel gesto macabro.
Nel merito lessicale, il MAMbo invita a distinguere tra “tassidermia” — pratica diffusa e regolamentata — e “imbalsamazione”, termine spesso usato impropriamente, mentre ribadisce che le intenzioni curatoriali sono spiegate nei pannelli in ingresso e nelle didascalie. La discussione, insomma, non si chiude alla porta del museo: interroga il nostro rapporto affettivo con i gatti, la responsabilità delle istituzioni e la linea — sottile e mobile — tra provocazione e gratuità...