Da anni si raccontano storie di cani capaci di riconoscere decine, a volte centinaia, di oggetti solo ascoltandone il nome. Sono stati chiamati genius dogs, quasi creature mitiche della cognizione canina. Ma cosa li rende davvero diversi dagli altri?
Un nuovo studio scientifico, il più approfondito mai condotto su queste abilità, ribalta molte convinzioni diffuse e mostra che l’intelligenza canina è molto più complessa — e sorprendente — di quanto immaginassimo.
Non una questione di razza: conta il singolo cane
Lo studio, realizzato da ricercatori di cinque Paesi e fondato su una serie di otto test cognitivi, ha confrontato 11 cani label-learner, cioè individui capaci di associare stabilmente un vasto numero di parole a oggetti specifici, con un gruppo di controllo di pari razza, età e caratteristiche fisiche. Il risultato è inequivocabile: non è la razza a determinare questa abilità eccezionale.
Nemmeno l’addestramento intensivo spiega da solo perché alcuni cani memorizzano decine di nomi, mentre altri no. Le differenze sono individuali, profonde e legate al modo in cui ciascun cane percepisce, esplora e interpreta il mondo.
La ricerca mostra che i “cani geniali” tendono a distinguersi per una spiccata curiosità verso gli oggetti nuovi, una capacità di concentrazione superiore alla media e un controllo degli impulsi che permette loro di scegliere l’oggetto richiesto anche quando ne preferirebbero un altro. È come se mostrassero un’attenzione selettiva estremamente affinata, paragonabile a quella dei bambini nelle prime fasi dell’apprendimento del linguaggio.
La scoperta che cambia la nostra idea di intelligenza canina
La cosa più sorprendente è che questi tratti emergono anche in assenza di stimoli sociali: durante il Novel Object Task, per esempio, i cani più abili osservavano gli oggetti nuovi più a lungo e con maggior interesse anche quando non era presente nessun umano. Questo suggerisce che la radice della loro competenza linguistica sia interna, legata alla loro peculiare curiosità e al modo in cui esplorano gli oggetti, quasi costruendo una mappa mentale molto dettagliata.
Lo studio mette inoltre in discussione un’idea molto diffusa: che i cani più orientati all’uomo siano anche i più intelligenti. In realtà, nei test che misuravano l’inibizione dei comportamenti impulsivi e l’interesse verso gli oggetti, i genius dogs risultavano più indipendenti e meno focalizzati sulle persone rispetto ai cani del gruppo di controllo. Una differenza che ricorda — come notano i ricercatori — alcuni tratti cognitivi umani legati all’attenzione ai dettagli e alla minore motivazione sociale.
Queste scoperte non solo ampliano la nostra comprensione della mente canina, ma invitano a riconsiderare molte convinzioni sull’intelligenza degli animali domestici. Ogni cane ha un proprio profilo cognitivo: aspettarsi che una razza sia “più intelligente” di un’altra rischia di farci perdere la ricchezza delle differenze individuali e di ciò che ciascun cane è davvero in grado di apprendere.