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Capisci il tuo gatto?

© JACLOU-DL/Pixabay

Capisci davvero il tuo gatto? Un nuovo studio rivela perché spesso interpreti male i suoi segnali

Di Anna Paola Bellini Redattrice | Traduttrice

Pubblicato il

Uno studio mostra quanto sia difficile per noi riconoscere i segnali negativi dei gatti, soprattutto quelli più sottili. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Pensiamo di conoscere bene i nostri gatti, di capire quando vogliono giocare, quando sono felici o quando chiedono attenzioni. 

In realtà, secondo una ricerca pubblicata su Frontiers in Ethology, la maggior parte delle persone sbaglia spesso a interpretare i segnali più delicati che i felini inviano durante le interazioni quotidiane. Il rischio non è solo quello di irritarli: fraintendimenti ripetuti possono aumentare lo stress del gatto e perfino spingere l’umano a interagire nel momento sbagliato, con possibili morsi o graffi. 

Una scoperta che apre scenari importanti sul modo in cui viviamo accanto ai nostri animali.

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Perché non capiamo i gatti come crediamo

Secondo i ricercatori, il problema non è riconoscere i segnali “forti”: quando un gatto soffia, ringhia, o ha il corpo completamente irrigidito, quasi tutti riescono a cogliere il messaggio. Nei video analizzati dallo studio, 366 persone su 368 hanno identificato correttamente uno stato chiaramente negativo. Le difficoltà iniziano quando i segnali diventano più sfumati. 

Non perderti questi video:

Orecchie leggermente ruotate all’indietro, una coda che si muove in scatti rapidi, un corpo leggermente contratto: dettagli minimi che spesso passano inosservati.

Questi indizi, però, sono fondamentali perché rappresentano le prime fasi dello stress. Ignorarli significa proseguire un’interazione che il gatto vorrebbe interrompere, aumentando frustrazione e rischio di reazioni brusche. Nonostante molti partecipanti si dichiarassero esperti o amanti dei gatti, oltre il 70% ha frainteso almeno una volta i segnali negativi più sottili.

Quando riconosciamo il segnale, ma facciamo comunque la scelta sbagliata

Un altro dato sorprendente dello studio riguarda il comportamento umano dopo aver interpretato l’emozione del gatto. Anche quando il partecipante riconosceva correttamente un segnale negativo, in molti casi sceglieva comunque di continuare l’interazione. Nel caso dei video con segnali sottili, quasi la metà ha dichiarato che avrebbe accarezzato o toccato il gatto, nonostante avesse capito che l’animale non era a suo agio.

Il problema, spiegano gli autori, non è solo la mancanza di conoscenza ma anche la tendenza umana a sottovalutare la volontà del gatto o a interpretare i gesti secondo un filtro “umano”. Un movimento che a noi sembra un invito al gioco può essere, per il gatto, un avvertimento a prendere le distanze.

La ricerca invita quindi a una maggiore attenzione ai dettagli, ma soprattutto all’idea che un gatto deve poter scegliere quando e come interagire. Fermarsi, osservare e aspettare che sia lui a riavvicinarsi può essere la chiave per una convivenza più serena e rispettosa.

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