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Poesie sulla morte di un gatto

Perdere un gatto è molto doloroso. La poesia può lenire questa sofferenza.

© evrymmnt / Shutterstock

Poesie e aforismi per affrontare la morte di un gatto: parole che aiutano a lenire il dolore

Di Anna Paola Bellini Redattrice | Traduttrice

Pubblicato il

Le poesie sulla morte di un gatto offrono conforto e permettono di trovare parole che spesso mancano di fronte alla perdita. Ecco le migliori.

Per chi ha vissuto accanto a un gatto, sa quanto il legame che si crea sia profondo e speciale.

Un compagno di vita silenzioso, tenero e indipendente, che riempie la casa di affetto e presenza.

Quando Micio ci lascia per sempre

Non appena arriva il momento di salutare il nostro caro micio, il dolore può essere intenso e difficile da gestire.

In questa fase di lutto, molti trovano conforto nella scrittura e nella lettura. I versi di poesie sulla morte di un gatto diventano uno spazio sicuro dove esprimere le emozioni più intime, trovare parole che spesso non riusciamo a pronunciare e sentirsi meno soli in un momento di vuoto.

Il potere delle poesie nel lutto per la morte di un gatto

Le poesie sulla morte di un gatto sono un rifugio emotivo. Attraverso le immagini e le metafore, aiutano a dare un senso alla perdita e a canalizzare il dolore.

L’assenza improvvisa del proprio gatto può lasciare senza fiato e con un vuoto nel cuore, ma i versi possono essere una carezza invisibile che consola. Spesso chi ha perso un animale domestico sente il bisogno di ricordare i momenti vissuti insieme, le abitudini quotidiane e il legame unico costruito nel tempo.

La poesia ha la capacità di rendere eterno ciò che sembra andato per sempre. In molti testi poetici, la figura del gatto viene rappresentata come un compagno che continua a vegliare dall’alto, oppure come una presenza che rimane accanto anche dopo la morte, nei ricordi e nelle sensazioni più semplici: il rumore di una zampa, una carezza nell’aria, un angolo di casa rimasto vuoto.

Frasi per ricordare Micio

  • «Credo che i gatti siano spiriti venuti sulla terra. Un gatto, ne sono convinto, può camminare su una nuvola». Jules Verne.
  • «Capisco il tuo dolore per la perdita del gatto. Ma il tuo cuore non si sta spezzando. Fa male perché sta diventando più grande. Più diventa grande, più amore contiene». Rita Mae Brown.
  • «C’è chi sogna di incontrare gli extraterrestri e non ha mai avuto un cane o un gatto e non sa che cosa ha perso, di quanto affetto e intelligenza sono capaci. Non conoscere e non amare gli animali è una grave perdita per la nostra stessa vita e felicità». (Margherita Hack)

Il gatto di Charles Baudelaire: quando la poesia racconta la magia e il mistero

Ne Il gatto, Charles Baudelaire riesce a cogliere l’essenza enigmatica e affascinante di questo animale, che diventa simbolo di sensualità e mistero. Nei suoi versi il gatto non è solo un compagno ma una creatura che custodisce un segreto profondo, lo stesso che rimane nei cuori di chi lo ha perso.

Vieni sul mio cuore innamorato, mio bel gatto:
trattieni gli artigli della zampa,
e lasciami sprofondare nei tuoi occhi belli
misti d’agata e metallo.

Come s’inebria di piacere la mia mano
palpando il tuo elettrico corpo
con le dita che tranquille ti accarezzano
la testa e il dorso elastico!

E penso alla mia donna, a quel suo sguardo
come il tuo, amabile bestia,
freddo e profondo che taglia e fende come freccia,

e a quell’aria, a quel profumo
che pericoloso fluttua sul suo corpo
dai piedi su fino alla testa!

Con queste parole, il celebre poeta francese non solo descrive l’incanto di accarezzare un gatto, ma ci trasporta in una dimensione intima, in cui la presenza felina sembra sfumare tra amore e mistero, come accade quando ci troviamo a ricordare chi ci ha lasciato.

Ode al gatto di Pablo Neruda: l’omaggio all’indipendenza e alla bellezza

Pablo Neruda celebra il gatto nella sua autonomia e fierezza, caratteristiche che spesso rimangono impresse anche dopo la sua scomparsa. Ode al gatto è un inno alla bellezza selvaggia e al mistero che accompagna ogni felino, rendendolo indimenticabile.

Gli animali furono imperfetti,
lunghi di coda,
plumbei di testa.
Piano piano si misero in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nèi, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso: nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.

L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.

Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi le monete della notte.

Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto,
nuziale sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto è immondo
per l’immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente della casa,
arrogante vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un irreperibile velluto,
probabilmente non c’è enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all’abitante meno misterioso,
forse tutti si credono padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni, colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi. 

In questi versi, Neruda restituisce la complessità e l’autonomia del gatto, rendendolo eterno e sfuggente come la memoria di chi abbiamo amato e che continua a vivere nei nostri ricordi.

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