Da anni si raccontano storie sorprendenti di cani che, grazie al loro fiuto straordinario, avrebbero individuato tumori nei loro compagni umani.
Ma quanto c’è di vero? La scienza ha confermato che l’olfatto canino è in grado di percepire molecole associate a diverse forme di cancro, ma allo stato attuale questa capacità, per quanto affascinante, non è ancora praticabile nella clinica medica quotidiana. Scopriamo perché.
L’olfatto canino: un superpotere biologico
Il naso dei cani è un organo straordinario. Con oltre 220 milioni di recettori olfattivi (contro i nostri 5 milioni), i cani riescono a percepire odori che per noi sono completamente impercettibili. È grazie a questa capacità che sono impiegati nei campi più svariati: dalla ricerca di droghe o esplosivi fino all’individuazione di persone sotto le macerie.
Negli ultimi decenni, però, la loro abilità è stata sperimentata anche nella diagnosi precoce del cancro, in particolare tramite l’annusare di campioni di urina, respiro o tessuti biologici.
Studi come quello condotto presso il Klinikum di Darmstadt, in Germania, hanno dimostrato che cani addestrati sono stati in grado di identificare con il 97,6% di accuratezza la presenza di cancro ai polmoni quando venivano usati congiuntamente campioni di urina e respiro. Ma anche i dati ottenuti singolarmente non sono da sottovalutare: 87,8% con l’urina e 78% con il respiro.
Tra sogno e realtà: perché i cani non vengono usati nelle cliniche
Nonostante le percentuali siano promettenti, ci sono vari motivi per cui l’uso dei cani non è ancora una pratica clinica standard. Primo fra tutti, l’addestramento richiede tempi lunghi, grande dedizione e costanza. Inoltre, non tutti i cani rispondono allo stesso modo: personalità, stato emotivo e condizioni ambientali possono influenzare le loro performance.
C’è poi un altro problema fondamentale: i cani percepiscono la presenza del cancro attraverso i cosiddetti composti organici volatili (VOCs), ma la composizione esatta di questi segnali olfattivi non è ancora stata identificata con precisione. Senza conoscere gli odori specifici che il cane riconosce, non possiamo replicare il processo in laboratorio o tramite dispositivi elettronici.
Il futuro: dai cani ai “nasi elettronici”
Proprio grazie ai cani, la ricerca ha fatto un balzo in avanti: ora sappiamo che il cancro può “odorare”. Questo ha aperto la strada allo sviluppo dei cosiddetti “nasi elettronici”, dispositivi capaci di rilevare i VOCs associati ai tumori.
L’obiettivo è replicare (e superare) l’efficienza del naso canino con strumenti affidabili, standardizzati e utilizzabili su larga scala, magari anche nei controlli di routine.
Nel frattempo, se il vostro cane sembra particolarmente interessato a una parte del vostro corpo, l’AIRC consiglia comunque una visita medica: potrebbe aver percepito qualcosa di anomalo, anche se non necessariamente un tumore.