L’epilessia del gatto è un disturbo che invalida l’animale e rende ancor più necessaria una certa attenzione nei suoi confronti.
Questa malattia può colpire anche i cani, in cui si manifesta più frequentemente rispetto ai felini.
Vediamo in questo articolo, prima di tutto, cosa vuol dire epilessia, come si manifesta e come comportarsi per rendere più semplice la vita del nostro coinquilino peloso.
Che cos’è l’epilessia del gatto?
L’epilessia è una sindrome che colpisce gli animali (come anche l’uomo) e tra questi, anche se con poca frequenza, le nostre piccole tigri domestiche.
L’epilessia del gatto è un disturbo neurologico (una disfunzione cerebrale) che porta l’animale ad avere delle crisi convulsive (attacchi epilettici) nel corso delle quali è importante che il gatto resti tranquillo e non venga toccato.
Quali sono sintomi dell’epilessia del gatto?
I sintomi dell’epilessia del gatto, inizialmente, sono espressioni di paura e di ansia da parte del felino.
Nella prima fase della malattia il gatto si comporta in maniera inabituale, miagola molto, molto forte, ha difficoltà a camminare, è iperattivo, nervoso e appare disorientato e sfuggente.
Come si manifestano le convulsioni?
Il sintomo principale, però, sono delle crisi epilettiche che si manifestano in una fase più consolidata della malattia. Si tratta di convulsioni con contrazioni muscolari intense, ipersalivazione o minzione involontaria.
Queste crisi possono persistere per alcuni minuti ed è importante non cercare di tenere il gatto che, involontariamente può graffiare o mordere.
Cosa succede al gatto?
Il micio si presenta riverso in terra parzialmente vigile mentre perde urina, saliva e, raramente, feci, presentando degli spasmi che possono essere più o meno violenti.
In alcuni casi l’animale può anche perdere conoscenza o, al contrario, manifestare una crisi semplicemente con degli spasmi.
Quali sono le cause dell’epilessia nei gatti?
Le cause dell’epilessia nel gatto possono essere diverse. Il disturbo neurologico può infatti trovare la sua origine in dei fattori ereditari, una causa idiomatica o in uno shock come un colpo alla testa o un incidente che ha portato il micio ad avere un trauma.
In ogni caso è il veterinario il solo a poter determinare qual è l’origine del disturbo neurologico del gatto.
L’epilessia del gatto è un disturbo che può apparire fin dai primi anni di vita del felino e avere anche un’origine congenita.
Se però la malattia appare tardivamente, come nel gatto anziano, le sue cause possono essere da ricercare in un trauma, un tumore o nelle sequele di un incidente.
Come si effettua la diagnosi di epilessia del gatto?
Nella valutazione dell'anamnesi (storia clinica), dei sintomi e dei rilevamenti diagnostici non è sempre possibile effettuare una diagnosi diretta.
A volte, come nel caso dell'epilessia, è necessario definire una diagnosi tramite criterio indiretto. In questi casi il veterinario procederà escludendo altre patologie sia su base neurologica che fisica.
Non esiste un test specifico capace di dimostrare con certezza questa particolare affezione del sistema nervoso.
Fondamentale capire informazioni tra le righe: nel caso di epilessia primaria il soggetto si presenterà completamente sano e normale tra una crisi e l'altra.
Più complessa la diagnosi di epilessia secondaria che (oltre all'esperienza del clinico) necessita di innumerevoli indagini complementeri:
- esami del sangue e delle urine;
- radiografia;
- ecografia;
- diagnostica avanzata per immagini;
- risonanza magnetica;
- prelievo del midollo osseo.
Una volta escluse altre patologie e appurata la presenza del disturbo epilettico sarà importante procedere, nell'imminenza, con la terapia a base di benzodiazepine o farmaci con principi attivi caratterizzati dallo stesso meccanismo d'azione.
Ricordiamo che l'epilessia non si cura e non è possibile risolvere completamente questo disturbo, ma la medicina ci viene sempre in soccorso e ci aiuterà a convivere col morbo garantendo una buona qualità della vita a Micio.
Come si cura l’epilessia nei gatti?
Il trattamento per l’epilessia del gatto dev’essere stabilito dal veterinario in base ai risultati dei test effettuati sul micio.
La strada da percorrere può essere quella di un trattamento tradizionale a base di benzodiazepine (tipo Valium®).
La terapia non ha definizione generale, ma è totalmente soggetto-specifica. Gli specialisti consigliano di iniziare a pensare ad una terapia quando le crisi si presentano con frequenza inferiore ai 3 mesi.
In tal caso, valutando lo stato fisico del soggetto, si procede con la somministrazione periodica di benzodiazepine oppure un barbiturico anticonvulsionante come il fenobarbital.
Questi farmaci hanno un'indubbia efficacia, ma anche degli effetti collaterali lievi come l'aumento incontrollato dell'appetito nei primi giorni di trattamento.
Il trattamento va seguito alla lettera e, se non si manifestano crisi, la visita dal veterinario si può limitare ad una volta l'anno.
Come prendersi cura di un gatto epilettico?
Per prima cosa bisogna cercar di far vivere il nostro coinquilino felino in un ambiente calmo e sereno e ridurre al minimo le situazioni che possono generare stress.
Per questo motivo è bene evitare di sottoporre il micio a cambiamenti (traslochi, cambio di ambiente, ecc.) o a traumi.
È, inoltre, importante stimolarlo a giocare, nutrirlo adeguatamente seguendo i consigli del veterinario e, naturalmente, dargli tutto il nostro affetto.
Quanto vive un gatto epilettico?
Un gatto affetto da epilessia non ha una vita semplice, ma se il nostro fedele compagno peloso è accudito al meglio e vive in un ambiente tranquillo può avere una speranza di vita anche di 20 anni.
Per far sì che ciò avvenga bisogna evitare di lasciare finestre aperte, evitare che gatto possa accedere a scale o a un ambiente esterno senza supervisione e non cambiare posto ai suoi oggetti (scodelle, lettiera, ecc.) in modo da non causargli stress.
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Articolo revisionato da
Giuseppe Terlizzi
Medico veterinario