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Cane in famiglia con bambini

Scopriamo l'evoluzione del primo animale domestico.

© Pressmaster / Shutterstock

Sai tutto sulla storia del primo animale domestico?

Di Grazia Fontana Country Manager

aggiornato il

Nell'antichità gli animali venivano cacciati e sfruttati, ma non per tutti è andata così: ecco la storia del primo animale domestico.

C’era una volta il lupo grigio: la storia di come il cane divenne il primo animale domestico inizia da qui, dal suo predecessore del Neolitico.

Secondo Francis Galton, scienziato britannico d’inizio Novecento, gli uomini accolsero i cuccioli selvatici, li nutrirono e allevarono, ricevendo in cambio riconoscenza e fedeltà.

L’ipotesi, per quanto romantica, è da tempo superata dagli studiosi poiché l’evoluzione da lupus a lupus canis familiaris, il nome scientifico dei cani, impiegò migliaia di anni, avvenne in aree diverse, in modalità differenti e fu segnata da alti e bassi.

L’origine del cane, la fame preistorica

La teoria che prevale in merito all’origine del cane, è quella della fame preistorica. 

Secondo Raymond e Lorna Coppinger, a un certo punto della notte dei tempi (tra i 30 e i 40 mila anni fa), alcuni lupi selvatici, allontanati dal branco perché più deboli degli altri, iniziarono a nutrirsi ripulendo le ossa e i resti delle carcasse lasciate fuori dalle caverne abitate dagli uomini agli antipodi del continente euroasiatico, allora organizzati in comunità di cacciatori e raccoglitori.

Da spazzini della prim’ora divennero sentinelle notturne degli accampamenti e quando fu l’uomo a patire la fame, durante l’ultima glaciazione, il cane diventò il compagno di caccia prediletto.

Nel frattempo, generazione dopo generazione, il Dna annotava piccole modificazioni nel genoma, trasformando il lupo in Fido: sparirono gli artigli, le zanne si sbiancarono, i canini si fecero meno aguzzi e le zampe più alte mentre l’intestino si allungò. Finché i pronipoti di quegli esemplari che erano stati esclusi dai loro simili diventarono i primi animali domestici della storia.

Cani domestici: dalla grotta alla tomba

Il cammino è millenario: i fossili del cranio e della mandibola di un canide di 33mila anni fa, ritrovati nella grotta di Razboinichya, sui siberiani monti Altai, raccontano uno dei primi capitoli di questa evoluzione. Appartenevano a un “canide simile a un cane” che aveva ancora i lunghi denti di un lupo ma non lo era più del tutto.

Secondo gli studiosi, la scoperta è la riprova che i primi contatti con gli uomini si limitarono alla frequentazione, non per forza contemporanea, degli stessi ambienti, erano dettati da un’esigenza primaria e non erano collaborativi.

Il fatto che a Bonn-Oberkassel, in Germania, siano stati ritrovati i resti di un animale domestico morto prematuramente e sepolto insieme ai suoi padroni 14.200 anni fa, è la riprova che l’origine del cane che si fa domestico va di pari passo con quella dell’uomo che si fa stanziale.

Il cane lo segue fin da prima di essere tale, dappertutto e oltre la morte: i reperti fossilizzati sono sparpagliati ovunque, in Europa occidentale, in Asia Centrale e in Estremo Oriente, nelle Americhe e in Africa.

L'animale domestico in famiglia: l’inquilino a quattro zampe

In bilico tra archeologia ed etologia, ma anche antropologia e sociologia, la storia di come il cane sia diventato uno di famiglia è tuttavia intrisa di mistero.

L'evoluzione del rapporto cane-padrone nella storia

Tra le righe di questo lungo rapporto che l’uomo ha inciso sulle caverne preistoriche e sui papiri egizi, dipinto sui vasellami greci, persiani, babilonesi e cinesi, appeso alle porte romane, tassellato nelle miniature medioevali e poi spennellato nelle tele rinascimenti e romantiche e così fino al Novecento, si legge un sodalizio leale, intimo e profondo, alimentato dalla fiducia e dall’assoluta fedeltà.

Come sempre accade nelle cose degli uomini, tra l’altro, si è scoperto che buona parte della complicità tra esseri umani e cani è questione di ormoni.

Lo studio dell'Università giapponese

Takefumi Kikusui, etologo giapponese dell'Università di Azabu, a Sagamihara, è giunto alla conclusione che i quattro zampe si sono fatti strada nel cuore dell’uomo attraverso lo sguardo, replicando lo stesso meccanismo che usano le madri con i neonati.

Secondo il suo studio - pubblicato da Science - uomini e cani guardandosi negli occhi stimolano la produzione di ossitocina, l’ormone che rafforza la fiducia e l’empatia e ci aiuta a instaurare una comunicazione diretta senza che sia necessario parlarsi.

Il fatto che al cane manchi la parola non è un limite, ma una carta vincente, poiché costringe l’uomo a lavorare di più su se stesso, a essere una persona più empatica, migliore.

C'è un solo cane come animale domestico?

Sia come sia, è chiaro fin da subito all’uomo che di cane non ce n’è uno solo: ci sono quelli più abili alla caccia e quelli da traino, i pastori, i cani guerrieri, i cani da difesa e quelli mansueti.

Fu a partire dall’Ottocento, nell’Inghilterra aristocratica, che l’uomo iniziò a incrociare le razze, che oggi sono circa 350, con l’obiettivo di enfatizzare alcune caratteristiche rispetto ad altre.

Un’attitudine che duecento anni dopo crea qualche problema a chi adotta un cane di razza scegliendolo in base a criteri unicamente estetici: sebbene sia l’animale domestico per eccellenza, non bisognerebbe mai dimenticare la sua atavica identità che, forse, richiede un po’ più di tempo per adattarsi alla sedentaria vita nelle moderne città.

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